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L' Aprè midi-d'un-faune



In un caldo pomeriggio d’estate il fauno, sopra una collinetta, si distende al sole, carico di desiderio sessuale e rapito dal suono del suo flauto. Spinto da un tenero sentimento, incomincia a danzare. In quel momento passano delle ninfe. Il fauno le vede e si avvicina. Le ninfe si spaventano e fuggono, ma poi, incuriosite, tornano sui loro passi. Il fauno riprende a danzare e le insegue. Una di esse rimane indietro permettendo al fauno di raggiungerla. Il fauno tenta di abbracciarla, ma lei, timida, sfugge dalle sue braccia e si ripara nel vicino boschetto perdendo, nella fuga, una sciarpa. Il fauno, deluso ma felice, raccoglie il velo e lo alza al cielo, poi lo bacia con trasporto, vi si adagia sopra e lo possiede, come fosse l’oggetto del suo amore, in un ultimo slancio erotico. Il balletto si basa sulla celebre partitura di Debussy, composta nel 1894 e ispirata all’altrettanto celebre egloga di Stéphane Mallarmé (1876). Dal punto di vista figurativo, Nijinski si ispirò ai bassorilievi ellenici e cercò di riprodurli in una serie di movimenti e di atteggiamenti di profilo e posizioni angolate. Alla prima parigina del balletto una gran parte del pubblico si scandalizzò di fronte alla realistica scena finale e caricò Nikjinski e Diaghilev di insulti. Successivamente, Serge Lifar ne diede una versione in forma solistica (1935). Numerosissime le altre versioni coreografiche del brano musicale. Fra le più rivoluzionarie si ricorda quella di Jerome Robbins con il titolo Afternoon af a Faun (1953). Fra le edizioni allestite in Italia, quella di Amedeo Amodio ha avuto notevole successo, a partire dalla prima a Spoleto, Festival dei Due Mondi 1972. La coreografia venne poi presentata alla Scala di Milano, con Amodio accanto a Luciana Savignano (scena di Manzù), poi a Reggio Emilia con Aterballetto e infine nuovamente alla Scala nel luglio 1991 con interpreti Luciana Savignano e Jorge Iancu.
di Alberto Testa, I Grandi Balletti, Repertorio di Quattro Secoli del Teatro di Danza, Gremese Editore, Roma 1991



Il pomeriggio di un fauno (in francese, L'Après-midi d'un faune).
E' un balletto moderno coreografato da Vaclav Nižinskij per la compagnia di ballo dei Ballets Russes, con lo stesso Nižinskij nella parte del fauno, ed eseguito per la prima volta a Parigi il 29 maggio 1912. La messa in scena ricorda un dipinto di un antico vaso greco, con i danzatori che spesso attraversano il palcoscenico di profilo, come un bassorilievo: si svolge solamente in un atto. La musica si basa sul Prélude à l'après-midi d'un faune di Claude Debussy e la scenografia originale è di Léon Bakst; lo spartito e il balletto sono entrambi ispirati dalla famosa poesia omonima di Stéphane Mallarmé.

La coreografia
Lo stile del balletto, nel quale un giovane fauno incontra diverse ninfe, amoreggia con loro e infine le rincorre, è deliberatamente arcaico. Nel 1910, il coreografo Vaslav Nijinsky si reca al museo del Louvre, presso la sezione riguardo all'arte ellenica e trova come fonte d'ispirazione un vaso a fondo nero: la gestualità dell'opera e i profili vengono ricreati nel balletto. Nijinsky dunque inizia a creare le coreografie sperimentando, laddove possibile, i nuovi elementi del balletto sulla sorella Bronislava o il ballerino giovane e ricco di talento Alexandre Gavrilov: la gestualità e le movenze sono quelle tipiche delle figure arcaiche, rappresentate appunto sul vaso di argilla rossa. I passi e le movenze pretese da Nijinsky però sono del tutto estranee al repertorio dei ballerini, che si trovano in grande difficoltà nell'inscenare ciò che il coreografo richiedeva: la ninfa principale, Ida Rubinstein, rinuncia subito alla prima sessione di lavoro. Per rispecchiare al meglio il concetto espresso dai vasi greci, i ballerini danzano con la testa e le gambe di profilo rispetto alla sala, mentre rimangono rivolte verso questo solamente il corpo e le braccia. A complicare i passi poi entra in gioco anche la musica, con cui Nijinsky instaura un rapporto complicato: la melodia di Claude Debussy serve solamente da paesaggio sonoro alla scena, mentre i movimenti dei ballerini sono violenti e discontinui. Solamente dopo numerose ripetizioni, le ninfe riescono a danzare in modo fluido, senza intoppi: il coreografo, all'opposto, che interpreta il ruolo principale del fauno, si limita ad una danza con i piedi ben ancorati al suolo, senza salti o piroette. La rottura con la danza classica, con il tecnicismo a cui i ballerini russi erano abituati, alla leggerezza dei passi, appare molto forte, tanto che Diaghilev durante le prove inizia a dubitare della riuscita e del successo dell'opera: Léon Bakst con le sue scenografie conclude l'opera.

Lo scandalo
Fu specialmente la mimica finale della masturbazione nella coreografia che causò lo scandalo dopo la prima rappresentazione. Nel giornale Le Figaro, l'editore Gaston Calmette scrisse: "Abbiamo avuto un fauno, incontinente, con dei pessimi movimenti di una bestialità erotica e di una mimica pesantemente sfrontata." Riguardo alla coreografia di Nijinsky scrisse che fu una rappresentazione troppo espressiva del corpo di un animale, orrendo, dal davanti, e non meno orribile di profilo: il suo giornale iniziò una campagna contro il balletto. In replica, lo scultore Auguste Rodin pubblicò un articolo in difesa della coreografia e in una lettera indirizzata al Le Figaro, il pittore Odilon Redon espresse il desiderio che il suo amico Stéphane Mallarmé dovesse ad ogni costo vedere "questa magnifica evocazione del suo pensiero".

La ricostruzione
A causa della sua ostile fama fattasi, grazie anche agli articoli pubblicati su Le Figaro, e la poca accoglienza del balletto, esso rimase in repertorio solamente per pochi anni, prima di essere dimenticato e ritenuto addirittura perso. Verso la fine degli anni ottanta, però, la studiosa della danza Ann Hutchinson Guest ricostruì il balletto a partire da quaderni degli appunti appartenuti a Nižinskij, che le permisero di ricostruirne i passi, e dalle fotografie dei ballerini scattate dal Baron Adolf de Meyer poco dopo la prima rappresentazione. Questa versione ricostruita è spesso allestita insieme con gli altri lavori di Nižinskij o allestita insieme al repertorio dei Ballets Russes.

Musica
Debussy scrisse la musica nel 1892: l'ammirazione per la poesia di Stéphane Mallarmé lo spinse a creare un'opera dedicata ad una sua poesia. Non si tratta di una composizione a sé stante, ma piuttosto di un commento musicale, infinitamente libero e sottile, ad una grande poesia della quale Debussy comprendeva tanto più profondamente che il suo tema è quello della sensualità che comanda tutte le forme della natura, questa sensualità che si manifestava in Debussy attraverso le azioni della sua vita come attraverso i suoi gesti di creatore. Il compositore voleva liberarsi da tutte quelle strutture formali tipiche della musica dei balletti romantici, conservando al contempo l'unità dell'opera, che si svolgeva in un solo atto: la volontà di Debussy infatti era quella di rispecchiare le caratteristiche peculiari del balletto, fuori da ogni schema classico. Musicare una poesia come quella di Mallarmé voleva dire inoltre mantenere una coerenza nella concatenazioni delle diverse improvvisazioni, che si svolgono intorno al tema centrale. La trascrizione musicale della poesia di Mallarmé esigeva questa elasticità formale, come anche l'impiego di un linguaggio adatto a trasportare le sfumature dalla poesia alla musica. Questa composizione di Debussy è un'opera di un potere puramente sonoro, come aveva ben capito Mallarmé che gli scrisse che la sua musica non presentava dissonanze con il [suo] testo, ma andava più lontano, veramente, nella nostalgia e la luce, con finezza, con malinconia, con ricchezza.

Atto I
Un fauno, in un torrido pomeriggio estivo, disteso al sole sopra una collinetta, suona il flauto di Pan. Carico di desiderio sessuale e, preso da un guizzo, inizia a danzare. Sette ninfe in quel momento passano davanti al fauno, in catena inglese: questo, incuriosito, fissa le passanti. Il fauno vorrebbe giocare con loro e le insegue, ma queste spaventate fuggono: solamente una si sofferma per un istante. Il giovane metà uomo e metà animale tende il braccio verso la ninfa che però, appena i due vengono a contatto, anch'essa scappa, fugge via, lasciando cadere però il suo scialle. Il giovane allora raccoglie ciò che la ninfa ha fatto cadere, lo bacia, lo alza al cielo come trasportato da un'estasi e vi si adagia sopra, come per possederlo in un ultimo slancio erotico.
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