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Khajuraho



India erotica: alla scoperta dei templi sacri di Khajuraho che raccontano il kamasutra.

L’eros che, inaspettatamente, diventa scultura in pietra in un luogo sacro simbolo dell’induismo: unico e irripetibile nel campo dell’architettura religiosa indiana, l'imponente complesso di Khajuraho oggi conserva solo 22 templi degli 85 originari. Quanto basta però per rendere il piccolo villaggio del Madhya Pradesh, nella parte centrosettentrionale del territorio, una delle mete più visitate ogni anno dai turisti che approdano nel Subcontinente. Erette tra il 950 e il 1050, all’epoca della dinastia Chandela e oggi Patrimonio dell’Umanità Unesco, queste icone di una maestria artistica eccellente e di una imprevedibile spiritualità sensuale, elegante e provocante, appaiono come masse slanciate di guglie culminanti in una serie di fregi e sculture dal sapore altamente erotico e non solo. Ad alternarsi in narrazioni di vita quotidiana, sono le divinità, i guerrieri e i musicisti, gli animali reali e mitologici, ma soprattutto le donne e le coppie di amanti. Le prime, raffigurate in veste di “Aspara”, ovvero le fanciulle del cielo, che posano come modelle davanti alla macchina fotografica. Le seconde, solitamente in alto o in parti meno visibili dei templi, avvolte in caldi abbracci e appassionanti amplessi, ricorrenti simboli di fertilità. Suddiviso in tre gruppi, l’Orientale, il Meridionale e l’Occidentale (il più visitato tra loro), il sito si compone quindi sia di bassorilievi con scene blasfeme ispirate al testo antico del Kamasutra e alle pratiche tantriche, che di rappresentazioni di vissuto legato alla musica, alla danza, alle celebrazioni e persino alle emozioni umane, come la paura e la gelosia. Raggiungibile in aereo con Jet Airways e Indian Airlines, che collegano Khajuraho a Delhi, Agra e Varanasi, questo luogo sacro richiede almeno due giorni di tempo per essere visitato. A partire dalla zona ovest, con il Tempio Kandariya Mahadeo, il più esteso di tutti e dedicato al dio Shiva, dove si possono ammirare spire e magnifici intagli alti oltre 30 metri. Imperdibile il Chausat Yogini, il più antico del complesso ed anche l’unico costruito in granito. Molto simbolico, invece, è il Vishvanath, ricco di figure femminili intente a coccolare un neonato, a scrivere lettere, a suonare o a posare in atteggiamenti piuttosto provocanti. 
Ospitato in un grande parco di quasi 13 chilometri quadrati e ravvivato dal colore viola intenso delle bouganville, Khajuraho si conferma ancora oggi come una delle più interessanti espressioni dell’arte e dell’architettura dell’India medievale. Sebbene il perché della sua esistenza resti ancora incerto, nel tempo sono state avanzate diverse ipotesi: c’è chi ha pensato che abbia avuto uno scopo didattico rispetto all’educazione sessuale dei giovani, frequentatori dei templi. Chi invece ha considerato plausibile il fatto che tali scene fossero amuleti contro i lampi, un modo per appagare gli appetiti di Indra, il dio dei fulmini. Distraendolo, infatti, si sarebbe mantenuto in sicurezza il villaggio. Altri studiosi ritengono infine che queste sculture, essendo collocate solo sulle pareti esterne dei templi, siano un cancello simbolico per raggiungere Dio (secondo gli antichi testi indiani, i quattro scopi della vita sono il dharma o dovere, l’artha o ricchezza, il kama o piacere e il moksha, la liberazione). Bisogna considerare inoltre la forte componente spirituale che veniva attribuita alle pratiche tantriche e all’esperienza sensoriale, capace di far acquisire la conoscenza necessaria per la liberazione, fine ultimo dell’uomo. Ma se Khajuraho, nell’immaginario comune, viene considerato il kamasutra che si fa pietra e scultura, in India, seppur in misura minore, ci sono altri templi rinomati per le loro raffigurazioni sensuali. A partire da Konarak, a est, nello stato di Orissa, dove si trova il Grande Tempio del dio Sole, Surya. Ricco di sculture e bassorilievi, il complesso ha la forma di un carro trainato da sette cavalli su 12 paia di ruote. L'entrata è guardata da due leoni, scolpiti nell'atto di abbattere un elefante da guerra. Tutto intorno al perimetro si trovano motivi geometrici e floreali, oltre a statue rappresentanti figure umane, divine e semi-divine in pose che accendono il desiderio. Spostandosi verso sud, nell’odierno Karnataka, i luoghi sacri dell’Impero Hoysala, relativamente piccoli rispetto alle altre costruzioni indiane, sono unici nel loro genere, con l’insolita forma della pianta a stella. Nell’antico centro di Belur, il tempio di Chennakesava, costruito nel 1116, a prima vista non sembra possedere elementi legati alla sensualità, ma in realtà, a guardar bene, ai lati dell'entrata principale si trovano eleganti figure femminili, ammalianti danzatrici e sinuose musicanti. Molto interessante è poi Madurai, che a vederla oggi non sembra affatto aver vissuto il passato glorioso di antica capitale del Tamil Nadu. La sua bellezza è disarmante quando ci si ritrova davanti a una delle imponenti torri di ingresso del tempio di Minakshi. Ed è proprio sulle cupole delle sue strutture alte e sovrane che si possono ammirare diverse scene erotiche. Ma le raffigurazioni relative ai piaceri della carne sono solo una piccola parte di un’affascinante città labirinto fatta di padiglioni, cortili, santuari, gallerie e antiche mura

Khajuraho: un inno alla gioia.

Un giorno, nel 1838 , Mr. Burt, un ingegnere inglese, si lasciò convincere dalla guida indiana ad allontanarsi di diverse miglia dalla strada battuta per avventurarsi nella giungla e scoprì una serie di templi avvolti dalla vegetazione, che di selvaggio non avevano nulla. Immaginate l’emozione e la meraviglia di Burt nel trovarsi davanti agli occhi sculture secolari …Ebbene oggi la stessa sensazione mozzafiato, senza l’effetto sorpresa, la può provare chiunque decida di visitare Khajuraho, piccolo centro del Madhya Pradesh famoso per i suoi templi (950-1150 d.C), patrimonio dell’Unesco dal 1986. Nell’immaginario comune Khajuraho è il Kamasutra che si fa pietra. Il luogo da visitare per ricercare le scene erotiche (in effetti, la maggior parte delle guide non vi permetterà di perderne anche una sola). Questa prospettiva di visita è però alquanto limitante. Ci sono innumerevoli sculture sensuali, ma sono una minoranza, tra una miriade di bassorilievi che ritraggono la vita, terrena e divina, nella sua interezza. A incantare immediatamente è l'architettura: numerosi templi sull’alto di elevate piattaforme, con tetti come castelli di sabbia che si allungano verso il cielo. Si dice che i templi, costruiti dai regnanti Chandella, siano figli della luna, nati nel sogno del re Chandravarma, ma con il sole , tra il verde e i fiori, sprigionano tutto il loro fascino. Avvicinandosi si è catturati dalla ricchezza delle sculture. Oltre a numerosi dei e dee, esseri semidivini e creature fantastiche, davanti ai vostri occhi si dipana un elogio alla vita: musicisti, danzatrici, guerrieri, animali, scultori, artigiani e via dicendo. In tutto questa cacofonia di attività ci sono anche quelle carnali, di coppia o di gruppo. Le figure erotiche sono di tre tipi, di proporzioni e posizionamento diverso: le più grandi e in piena  vista sono fanciulle sensuali (apsara); decisamente più piccole sono le coppie di amanti (generalmente dette mithuna), in atteggiamenti affettuosi o intimi; infine ci sono piccoli fregi con le scene più propriamente erotiche, solitamente collocate in alto o in posizioni meno visibili. Apsara e i mithuna sono già presenti in templi precedenti, sia hindu che buddisti.La coppia di amanti è simbolo di fertilità da invocare per ottenere un figlio o una buona relazione matrimoniale. Su un piano più allegorico è una metafora che rappresenta fisicamente l’unione dell’anima individuale con quella universale. Il tempio è la raffigurazione del macrocosmo, per cui sulle pareti esterne trovano posto tutte le forme di vita terrena, senza le contraddizioni tra sacro e profano di altre religioni. Mithuna che si accoppiano e le scene erotiche comparvero per la prima volta verso il IX secolo e Khajuraho ne è la testimonianza più illustre. Perché ci siano, è opinabile. Qualcuno sostiene, osservando la posizione in punti architettonicamente deboli, che fossero una sorta di amuleti contro i lampi e la sfortuna, capaci di appagare Indra il dio dei fulmini(che come il greco Zeus è un godereccio). O avessero il potere magico di rafforzare l’intera struttura tenendo uniti i blocchi di costruzione. Secondo altri avevano funzione educativa. Sicuramente si comprendono meglio i templi se si contestualizzano nell’ambiente culturale, fortemente influenzato dal tantrismo. I primi tantra, composti tra il 650 e l’800, avevano ampia diffusione nella zona. In contrapposizione alla via della rinuncia, il tantrismo esplora la via dell’esperienza sensoriale, per distillare la conoscenza che porta alla liberazione, fine ultimo dell'uomo. Le rappresentazioni erotiche rappresenterebbero quindi rituali tantrici. Forse per questo, sostiene Lorenzen (un famoso storico di arte indiana), le figure sono ad altezza di persone con poteri paranormali, che sanno levitare nell’aria e librarsi in volo! E’ anche possibile che alcuni fregi siano semplicemente opere scherzose degli scultori che hanno creato i capolavori dei templi, collocati dove difficilmente avrebbero attratto troppa attenzione. Indipendentemente dalle teorie, si ha la sensazione che i templi siano un inno al godimento della vita, vilipesa in periodi e movimenti religiosi precedenti.Una visita accurata ai templi di Khajuraho (si consiglia di affittare una bicicletta per spostarsi tra i vari gruppi) richiede almeno un paio di giorni. Ci sono tre gruppi di templi (25 templi in tutto): i principali e meglio conservati sono quelli occidentali, il gruppo orientale ha tre santuari di atmosfera jainista e quello meridionale, il più lontano, un paio di templi magnificamente inseriti nel paesaggio campestre. Se siete di fretta limitatevi ai templi del gruppo occidentale, osservandoli con calma e lasciando al futuro ciò che saltate.

Cosa ci insegnano i templi erotici di Khajuraho

Morbide, sensuali, eleganti e provocanti insieme: le sculture erotiche dei templi di Khajuraho, in India, suscitano stupore e un innegabile brivido erotico in chi le guarda. Si resta ammirati perché osservando quelle coppie allacciate in vari amplessi ci si dimentica che sono statue di pietra: i corpi degli amanti sono così flessuosi, i loro abbracci così appassionati, da sembrare vivi e veri. Merito dell’abilità degli artisti che li scolpirono, negli anni fra il 950 e il 1050 dopo Cristo. Khajuraho è un villaggio dell’India settentrionale ormai diventato una famosa meta turistica, proprio grazie a questi templi (perfettamente conservati) che hanno portato fino a noi l’essenza dell’arte erotica indiana. Perciò passeggiare nel bel giardino che circonda i templi e soffermarsi davanti alle loro sculture è un po’ come vedere “dal vivo” gli antichi trattati indiani sull’amore e il sesso, quali il celebre Kamasutra. La parola Kama, nelle lingue dell’India settentrionale, significa contemporaneamente “amore” e “desiderio sessuale” e già il fatto che gli indiani usassero una sola parola per i due concetti ci fa capire come li considerassero inscindibili, e quale importanza attribuissero al sesso, vera e propria arte da non trascurare mai per avere una felice vita di coppia. Le sculture erotiche di Khajuraho raffigurano amanti in ogni genere di atto sessuale – anche con più partner, con al centro una donna o un uomo – e lasciano libero spazio alle fantasie sessuali. Fantasie che gli antichi indù consideravano del tutto legittime, proprio perché la sessualità era vissuta come fonte di estasi e anche di illuminazione interiore, priva di ogni nesso col peccato. In un antico testo il dio Shiva si rivolge così alla sua sposa Parvati: «Amata mia Signora, le fantasie erotiche stimolano le emozioni e aiutano a elevare i sentimenti al di sopra della mondanità. Sono d’aiuto per coloro che si sentono incatenati dalle cose del mondo. Esplorando la coscienza, la fantasia erotica può diventare un mezzo di Liberazione dai vincoli». Le sculture di Khajuraho ci possono dunque insegnare a vedere le cose da un punto di vista indù: la sensualità intesa come base dell’amore, fonte di piacere ma anche di risveglio spirituale per la coppia, perché il corpo del partner è come un tempio, degno di adorazione. I libri tantrici indù insegnano che l’amplesso è uno strumento per superare la separatezza fra il principio cosmico femminile e quello maschile e raggiungere così, al culmine del piacere, l’Unità suprema. In sostanza, una via che conduce a un’esperienza  di estasi che è anche mistica. Un punto di vista piuttosto difficile per noi occidentali spesso animati da pregiudizi, come dimostra la reazione che ebbero i primi esploratori inglesi quando nell’Ottocento scoprirono i templi di Khajuraho: influenzati dalla propria morale puritana, gli inglesi scrissero rapporti scandalizzatissimi, in cui bollarono come “oscena” e “animalesca” quell’arte erotica.
Un’arte di cui è protagonista assoluta la donna, che a Khajuraho è raffigurata ovunque e in mille modi anche al di là della vita sessuale: ci sono sculture di donne che scrivono, che danzano, che si mettono il kajal sugli occhi o l’henné sui piedi, si specchiano, cantano, ecc. La donna è protagonista di una sensualità naturale, esibita con grazia e con malizia, ma sempre è “soggetto”, mai “oggetto” sessuale. L’uguaglianza fra uomo e donna, nel mondo del kama, era un fatto assodato; benché discriminata in altri aspetti della vita sociale, nel campo della sessualità e dell’amore la donna indù aveva i medesimi diritti dell’uomo, e dunque lo stesso diritto al piacere. Scrive infatti il Kamasutra: «Poiché la specie non è diversa, lo sposo e la sposa chiedono piacere uguale. Perciò la donna è da vezzeggiare in modo che raggiunga il piacere per prima». Quindi dal punto di vista dell’antico induismo – così bene espresso nei templi di Khajuraho – l’atto sessuale non deve mai essere una cosa superficiale o affrettata (come invece accade troppo spesso in Occidente, con un atteggiamento “consumista”).  Nel Tantra l’unione sessuale è vista come un’esperienza totale, finalizzata all’espansione della coscienza degli amanti. L’eccitazione dei due partner, intrecciata alla forza emotiva dell’ amore, genera un’enorme energia che cancella dalla coscienza degli amanti ogni attività mentale estranea. L’unione fra uomo e donna insomma può essere uno strumento evolutivo della coscienza dei partner: può portarci a un punto dove maschile e femminile non sono più separati ma fusi in una unità più alta, dove l’ego individuale si dissolve. L’atto sessuale tantrico diventa così una forma di meditazione, come lo yoga. Ed è anche una celebrazione del Femminile. Perché – come dice il dio Shiva in un altro testo indù – «nemmeno noi Dei esisteremmo senza la Shakti, l’energia femminile che muove e sorregge il mondo».
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I baci che risvegliano il desiderio
Un antico testo d’amore indù, lo Ananga Ranga, enumera dieci tipi di baci, ciascuno con una funzione diversa. Il bacio Ghatika, per esempio, è consigliato alle donne per suscitare la passione maschile: «La donna, eccitata dal desiderio, ad occhi chiusi, coprendo con le mani gli occhi del marito gli introduce in bocca la lingua e la muove sinuosamente, in modo così dolce e cadenzato da dare subito l’idea di un altro e più completo godimento». Il bacio Pratibodha invece è consigliato all’uomo: «Quando il marito dopo un’assenza torna a casa e trova la moglie addormentata su un tappeto in una camera solitaria, appoggi le labbra sulla sua bocca aumentando a poco a poco la pressione fino a risvegliarla. E’ questo il bacio più gradito e che lascia il più dolce ricordo».
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Avvolta come una liana all’albero
Una posizione erotica raffigurata sui templi indiani di Khajuraho è la Vrikshadhirudha, l’abbraccio che imita il gesto di chi si arrampica su un albero. Si pratica così: l’uomo è in piedi e la donna pone un piede sul piede di lui, poi alza e preme l’altra gamba sulla coscia di lui e circondandogli la vita con le braccia lo stringe con forza, quindi lo bacia appassionatamente e poi lo conduce all’atto amoroso.

Khajuraho
(in lingua hindi: खजुराहो) è una suddivisione dell'India, classificata come nagar panchayat, di 19.282 abitanti, situata nel distretto di Chhatarpur, nello stato federato del Madhya Pradesh, circa 620 chilometri a sud di Delhi. In base al numero di abitanti la città rientra nella classe IV (da 10.000 a 19.999 persone). Una delle mete turistiche più popolari del paese, Khajuraho ha il più grande numero di templi medievali induisti e giainisti dell'India, fatto che ha portato l'UNESCO nel 1986 ad inserire il villaggio nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità. Il nome di Khajuraho deriva dalla parola hindi khajur, che significa palma da datteri.

Società. Evoluzione demografica
Al censimento del 2001 la popolazione di Khajuraho assommava a 19.282 persone, delle quali 10.101 maschi e 9.181 femmine. I bambini di età inferiore o uguale ai sei anni assommavano a 3.641, dei quali 1.904 maschi e 1.737 femmine. Infine, coloro che erano in grado di saper almeno leggere e scrivere erano 10.215, dei quali 6.267 maschi e 3.948 femmine.

Storia
Durante il Medioevo la città fu la capitale del regno della dinastia Rajput, il cui dominio si estendeva su questa parte dell'India fra il X ed il XII secolo. I templi di Khajuraho vennero tutti edificati nell'arco di un centinaio d'anni, fra il 950 ed il 1050 circa. Successivamente la capitale del regno venne spostata a Mahoba, ma la città continuò a fiorire ancora per diverso tempo. Khajuraho era racchiusa da mura aventi 8 porte, ai fianchi di ognuna delle quali si trovavano 2 palme dorate. In origine entro la cerchia delle mura si trovavano oltre 80 templi, ma solo 22 di essi si sono conservati fino a noi senza crollare ed andare in rovina; essi sono disposti su di un'area di circa 21 chilometri quadrati. Una delle principali ragioni dell'ottimo stato di conservazione di questi edifici è il fatto che, al contrario di altre città dell'India settentrionale, i templi di Khajuraho non subirono attacchi o saccheggi da parte dell'uomo nel corso dei secoli. Essi rappresentano un notevole esempio di architettura indiana medievale e hanno guadagnato una certa notorietà per le sculture erotiche con cui sono decorati, una rappresentazione dello stile di vita tradizionale dell'epoca. I templi vennero riscoperti verso la fine del XIX secolo, quando alcuni dei monumenti erano stati ricoperti dalla vegetazione.

Architettura
Lo stile con cui sono stati eretti i templi di Khajuraho è quello tipico delle costruzioni dell'India settentrionale in quell'epoca. Alcuni di essi sono dedicati a divinità giainiste, ma la maggior parte è dedicato a divinità dell'Induismo (come ad esempio Brahma, Vishnu, Shiva ed alcune delle forme femminili di Devi). Spesso i templi venivano costruiti con un corpus centrale e quattro santuari minori ai quattro angoli del tempio principale.
Questi santuari secondari si sviluppano notevolmente in verticale, con un gran numero di forme a guglia che creano una base appropriata per la guglia principale del tempio centrale; nel caso del tempio Kandariya Mahadeva, esse raggiungono il numero di 84 ed i 116 metri di altezza. L'insieme di guglie e pinnacoli, principali e secondari, danno ai templi di Khajuraho il loro aspetto esteriore unico. Il loro sviluppo graduale in altezza, via via che ci si avvicina alla guglia principale, richiama la forma dei picchi himalayani.

Paesaggio
I templi di Khajuraho oggi si trovano al centro di un paesaggio erboso con zone alberate. Quando nel 1947 l'India ottenne l'indipendenza dalla Gran Bretagna il paesaggio era invece semidesertico, con una vegetazione scarsa. Quello che si vede oggi, una specie di parco all'inglese con prati, fiori ed alberi ornamentali, è stato sviluppato a scopi turistici ma non ha molto a che fare con il paesaggio originario della regione all'epoca in cui i templi vennero eretti.Non si sa con esattezza come doveva essere il paesaggio nel X secolo, ma si sa che i templi ospitavano una grande comunità di sacerdoti e che i tipici giardini indiani all'epoca erano composti perlopiù di alberi, senza prati o fiori.

Le sculture
I templi di Khajuraho sono noti per le sculture erotiche che li adornano; esse comunque non sono presenti all'interno degli edifici o vicino alle rappresentazioni delle divinità, bensì si trovano nella parte esterna del muro interno in quei templi che hanno due cerchie di mura intorno all'edificio. Vi sono numerose interpretazioni riguardo alla posizione di queste sculture erotiche: secondo alcuni esse rappresentano il fatto che per giungere al cospetto della divinità si debba lasciare i propri desideri e le proprie pulsioni sessuali all'esterno del tempio. Esse mostrano anche che la divinità è pura come l'ātman, che non è affetto da desideri sessuali né da altre caratteristiche del corpo fisico. Le sculture all'esterno dei templi mostrano esseri umani e tutti i cambiamenti che avvengono nel corpo umano; solo il 10% circa ha tematiche legate all'erotismo, mentre la maggior parte di esse mostra persone impegnate nelle attività di tutti i giorni. Quando i templi vennero eretti probabilmente veniva accettata la tradizione tantrica, secondo la quale la soddisfazione dei desideri terreni è un passo verso il nirvana. Prima della conquista del Gran Mogol, quando i giovani vivevano in eremitaggio fino al momento in cui diventavano uomini, essi potevano imparare gli usi del mondo studiando le sculture dei templi di Khajuraho ed i desideri terreni che esse ritraggono.





























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